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238 |5| Ls’ uomo non sembra esser nato, che per la Felicità. Tutte quelle azioni, che in Metafisica appellansi umane non son di¬ rette, che a conseguire una qualche specie di Felicità. L’uomo giugne per acquistarla a violare i patti più sacri, e le leggi dell’e¬ quità, e della giustizia. M. Porcio Catone, di cui Cornelio «• Quoad vixit virtutum laude crevit» non si fè scrupolo di gettare in terra nel mezzo del Senato Romano de’ fichi ancor freschi re¬ centemente giunti dall’Affrica, ed ammirandone i Senatori la bellezza, e la grossezza impareggiabile, sappiate egli disse, che non son, che pochissimi giorni, che queste frutta furon colte dalla pianta medesima, che le ha prodotte per così dimostrare la necessità di distrugger Cartagine. E pure alcuna ragionevol causa non v’era a ciò fare se non quella, che venia suggerita dal¬ la politica, e dalla gelosìa del comando. Anzi allorquando gli ambasciatori dell’infelice città giunti al cospetto del senato al¬ tro non fecero, che por se stessi, i loro beni, |6| e la città loro nel¬ le mani de’ Padri Coscritti, e allorquando il Console Romano in contraccambio di sì umile soggettazione impose agli sventu¬ rati cittadini di Cartagine di consegnar le loro armi, e dopo che ebber ciò fatto di sgombrar tostamente dalle patrie mura, che già condannate erano alle fiamme, cuor bennato non fuwi, che non gemesse alla crudele sciagura degli oppressi Cartaginesi, e frattanto lo spietato Censore non cessava di declamar nelle pubbliche assemblèe per la distruzione dell’innocente Carta¬ gine. Ella era questa il fine di siffatte azioni, e la distruzione della città nemica tenendo nel suo cuore il luogo di una spezie 239