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seria particolare ed accidentale di chi le scriveva, o di chi si racconta o si finge che le profferisse. E quei concetti o, parlando generalmente, quella tristezza e quel tedio che s’accompagnano tanto all’apparenza della felicità quanto alle miserie medesime e ch’hanno rispetto alla natura ed all’ordine immutabile e universale delle cose umane, è raro assai che si trovino significati ne’ monumenti degli antichi. I quali antichi quando erano travagliati dalle sventure, se ne dolevano in modo come se per queste sole fossero privi della felicità, che stimavano possibilissima a conseguire, anzi propria dell’uomo, se non quanto la fortuna gliela vietasse.
Ora volendo cercare quello che potesse avere indotto nell’animo di Teofrasto il sentimento della vanità della gloria e della vita, che a ragguaglio di quel tempo e di quella nazione, riesce straordinario; troveremo primieramente che la scienza del detto filosofo non si conteneva dentro ai termini di tale o tal altra parte delle cose, ma si stendeva poco meno che a tutto lo scibile (quanto era lo scibile in quell’età ), come si racco-