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te, ch’io tolgo dalla quindicesima novella del Boccaccio. Egli era sopra due travicelli ALCUNE tavole confitte, DELLE QUALI tavole quella che con lui cadde era L’UNA.


Lettor mio bello (è qui nessuno o parlo al vento?), se mai non ti fossi curato de’ miei consigli, e t’avesse dato il cuore di venirmi dietro, sappi ch’io sono stufo morto di fare, come ho detto da principio, alle pugna; e la licenza ch’io t’ho domandata per una volta sola, intendo che già m’abbia servito. E però hic caestus artemque repono. Per l’avvenire, in caso che mi querelino d’impurità di lingua e che abbiano tanta ragione con quanta potranno incolpare i luoghi notati di sopra e gli altri della stessa data, verrò cantando quei due famosi versi che Ovidio compose quando in Bulgaria gli era dato del barbaro a conto della lingua.