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Pitea marsigliese, allegato da Gemino1 e da Cosma egiziano2, racconta di non so quali Barbari che mostrarono a esso Pitea la stanza dove il sole, secondo loro, s’adagiava a dormire. E il Petrarca s’avvicinò a queste tali opinioni volgari in quei versi:3 Quando vede ’l pastor calare i raggi Del gran pianeta al nido ov’egli alberga. Siccome in questi altri4 seguì la sentenza di quei filosofi che per via di raziocinio e di congettura indovinavano gli antipodi: Ne la stagion che ’l ciel rapido inchina Verso occidente, e che ’l dì nostro vola A gente che di là forse l’aspetta. Dove quel forse, che oggi non si potrebbe dire, è notabilissimo e poetichissimo, perocchè lasciava libero all’immaginazione di figurarsi a modo suo quella gente sconosciuta, o d’averla in tutto per favolosa; dal che si dee credere che, leggendo questi versi, nascessero di quelle concezioni va-

  1. Elem. astron. c. 5: in Petav. Uranolog. Antuerp. (Amstel.) 1703, p. 13.
  2. Tipogr. christian. l. 2. Ed. Montfauc. p. 149.
  3. Canz. Ne la stagion che ’l ciel rapido inchina, st. 3.
  4. st. 1.