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do fa plauso, dica piuttosto evviva che Viva; e quello non è vocabolo forestiero ma tutto quanto nostrale, e composto, come sono infiniti altri, d’una particella o vogliamo interiezione italiana, e d’una parola italiana, a cui l’accento della detta particella o interiezione monosillaba raddoppia la prima consonante. Questo è quanto alla purità della voce. Quanto alla convenienza, potranno essere alcuni che non lodino l’uso di questa parola in un poema lirico. Io non ho animo d’entrare in quello che tocca alla ragion poetica o dello stile o dei sentimenti di queste Canzoni, perchè la povera poesia mi par degna che, se non altro, se l’abbia questo rispetto di farla franca dalle chiose. E però taccio che laddove s’ha da esprimere la somma veemenza di qualsivoglia affetto, i vocaboli o modi volgari e correnti, non dico hanno luogo, ma, quando sieno adoperati con giudizio, stanno molto meglio dei nobili e sontuosi, e danno molta più forza all’imitazione. Passo eziandio che in tali occorrenze i principali maestri (fossero poeti o prosatori) costumarono di scendere dignitosamente dalla