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Beàr l’eteree menti; e quale, o figlio
80De la saggia Rebecca, in su la sera,
Presso al rustico pozzo e ne la dolce
Di pastori e di lieti ozi frequente
Aranitica valle, amor ti punse
De la vezzosa Labanîde: invitto
85Amor, ch’a lunghi esigli e lunghi affanni
E di servaggio a l’odiata soma
Volenteroso il prode animo addisse.
        Fu certo, fu (nè d’error vano e d’ombra
L’aonio canto e de la fama il grido
90Pasce l’avida plebe) amica un tempo
Al sangue nostro e dilettosa e cara
Questa misera piaggia, ed aurea corse
Nostra caduca età. Non che di latte
Onda rigasse intemerata il fianco
95De le balze materne, o su le rive
De l’infecondo mar l’adunca falce,
E gli acri gioghi esercítasse il bruno
Agricoltor; ma di suo fato ignara
E de gli affanni suoi, vóta d’affanno