Pagina:Leopardi - Canti, Starita, Napoli 1835.djvu/64

58 il primo amore


     E quelli m’apparian vani per cui
     Vano ogni altro desir creduto avea.
Deh come mai da me sì vario fui;
     80E tanto amor mi tolse un altro amore?
     Deh quanto, in verità, vani siam nui!
Solo il mio cor piaceami, e col mio core,
     In un continuo ragionar sepolto,
     Alla guardia seder del mio dolore.
85E l’occhio a terra chino o in se raccolto,
     Di riscontrarsi fuggitivo e vago
     Nè in leggiadro soffria nè in turpe volto:
Che la illibata, la candida imago
     Turbare egli temea pinta nel seno,
     90Come all’aura si turba onda di lago.
E quel di non aver goduto appieno
     Pentimento, che l’anima ci grava,
     E il piacer che passò cangia in veleno,
Per li fuggiti dì mi stimolava
     95Tuttora il sen: che la vergogna il duro
     Suo morso in questo cor già non oprava.
Al cielo, a voi, gentili anime, io giuro
     Che voglia non m’entrò bassa nel petto,
     Ch’arsi di foco intaminato e puro.
100Vive quel foco ancor, vive l’affetto,
     Spira nel pensier mio la bella imago,
     Da cui, se non celeste, altro diletto
Giammai non ebbi, e sol di lei m’appago.