Discior sentia la misera i ginocchi;
E già muggiva il tuon simile al metro
Di torrente che d’alto in giù trabocchi. 55Talvolta ella ristava, e l’aer tetro
Guardava sbigottita, e poi correa
Sì che i panni e le chiome ivano addietro.
E il duro vento col petto rompea,
Che gocce fredde giù per l’aria nera 60In sul volto soffiando le spingea.
E il tuon veniale incontro come fera,
Rugghiando orribilmente e senza posa;
E cresceva la pioggia e la bufera.
E d’ogn’intorno era terribil cosa 65Il volar polve e frondi e rami e sassi,
E il suon che immaginar l’alma non osa.
Ella dal lampo affaticati e lassi
Coprendo gli occhi, e stretti i panni al seno,
Gia pur tra il nembo accelerando i passi. 70Ma nella vista ancor l’era il baleno
Ardendo sì, ch’alfin dallo spavento
Fermò l’andare, e il cor le venne meno.
E si rivolse indietro. E in quel momento
Si spense il lampo, e tornò buio l’etra, 75Ed acchetassi il tuono, e stette il vento.
Taceva il tutto; ed ella era di pietra.