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canto viii. | 77 |
85E di servaggio a l’odiata soma
Volenteroso il prode animo addisse.
Fu certo, fu (nè d’error vano e d’ombra
L’aonio canto e de la fama il grido
Pasce l’avida plebe) amica un tempo
90Al sangue nostro e dilettosa e cara
Questa misera piaggia, ed aurea corse
Nostra caduca età. Non che di latte
Onda rigasse intemerata il fianco
De le balze materne, o con le greggi
95Mista la tigre a i consueti ovili
E guidasse per gioco i lupi al fonte
Il pastorel; ma di suo fato ignara
E de gli affanni suoi, vòta d’affanno
Visse l’umana stirpe; a le secrete
100Leggi del cielo e di natura indutto
Valse l’ameno error, le fraudi, il molle
Pristino velo; e di sperar contenta
Nostra placida nave in porto ascese.
Tal fra le vaste californie selve
105Nasce beata prole, a cui non sugge
Pallida cura il petto, a cui le membra
Fera tabe non dóma, e vitto il bosco,