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142 canto xx.


     120Chi rimembrar vi può senza sospiri,
O primo tempo giovanile, o giorni
Vezzosi, inenarrabili, allor quando
Al rapito mortal primieramente
Sorridon le donzelle; a gara intorno
125Ogni cosa sorride; invidia tace,
Non desta ancora ovver benigna; e quasi
(Inusitata meraviglia!) il mondo
La destra soccorrevole gli porge,
Scusa gli errori suoi, festeggia il novo
130Suo venir ne la vita, ed inchinando
Mostra che per signor l’accolga e chiami?
Fugaci giorni! a somigliar d’un lampo
Son dileguati. E qual mortale ignaro
Di sventura esser può, se a lui già scorsa
135Quella vaga stagion, se il suo buon tempo,
Se giovanezza, ahi giovanezza, è spenta?
     O Nerina! e di te forse non odo
Questi luoghi parlar? caduta forse
Dal mio pensier sei tu? Dove sei gita,
140Che qui sola di te la ricordanza
Trovo, dolcezza mia? Più non ti vede
Questa Terra natal: quella finestra,
Ond’eri usata favellarmi, e dove
Mesto riluce de le stelle il raggio,