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canto xx. 141


95Consolarmi non so del mio destino.
E quando pur questa invocata morte
Sarammi accanto, e fia venuto il fine
De la sventura mia; quando la terra
Mi fia straniera valle, e dal mio sguardo
100Fuggirà l’avvenir; di voi per certo
Risovverrammi; e quella imago ancora
Sospirar mi farà, farammi acerbo
L’esser vissuto indarno, e la dolcezza
Del dì fatal tempererà d’affanno.
     105E già nel primo giovanil tumulto
Di contenti, d’angosce e di desio,
Morte chiamai più volte, e lungamente
Mi sedetti colà su la fontana
Pensoso di cessar dentro quell’acque
110La speme e il dolor mio. Poscia, per cieco
Malor, condotto de la vita in forse,
Piansi la bella giovanezza, e il fiore
De’ miei poveri dì, che sì per tempo
Cadeva: e spesso a l’ore tarde, assiso
115Sul conscio letto, dolorosamente
A la fioca lucerna poetando,
Lamentai co’ silenzi e con la notte
Il fuggitivo spirto, ed a me stesso
In sul languir cantai funereo canto.