Pagina:Leopardi - Canti, Piatti, Firenze 1831.djvu/123


117

XVII.


AL CONTE


CARLO PEPOLI.



Questo affannoso e travagliato sonno
Che noi vita nomiam, come sopporti,
Pepoli mio? di che speranze il core
Vai sostentando? in che pensieri, in quanto
5O gioconde o moleste opre dispensi
L’ozio che ti lasciar gli avi remoti,
Grave retaggio e faticoso? È tutta,
In ogni umano stato, ozio la vita,
Se quell’oprar, quel proccurar che a degno
10Obbietto non intende, o che a l’intento
Giunger mai non potria, ben si conviene
Ozioso nomar. La schiera industre
Cui franger glebe o curar piante e greggi
Vede l’alba tranquilla e vede il vespro,
15Se oziosa dirai, da che sua vita
È per campar la vita, e per se sola