Che mi scendesti in seno. Era quel dolce
E irrevocabil tempo, allor che s’apre
Al guardo giovenil questa infelice
Scena del mondo, e gli sorride in vista 30Di paradiso. Al garzoncello il core
Di vergine speranza e di desio
Balza nel petto; e già s’accinge a l’opra
Di questa vita come a danza o gioco
Il misero mortal. Ma non sì tosto, 35Amor, di te m’accorsi, e ’l viver mio
Fortuna avea già rotto, ed a questi occhi
Non altro convenia che ’l pianger sempre.
Pur se talvolta per le piagge apriche,
Su la tacita aurora o quando al sole 40Brillano i tetti e i poggi e le campagne,
Scontro di vaga donzelletta il viso;
O qualor ne la placida quiete
D’estiva notte, il vagabondo passo
Di rincontro a le ville soffermando, 45L’erma terra contemplo, e di fanciulla
Che a l’opre di sua man la notte aggiunge
Odo sonar ne le romite stanze
L’arguto canto; a palpitar si move
Questo mio cor di sasso: ahi, ma ritorna 50Tosto al ferreo sopor; ch’è fatto estrano