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manuale di epitteto - xii-xvi 91

[XIV]

Se tu vuoi che la moglie, i figliuoli e gli amici tuoi vivano sempre, tu sei pazzo. Perocché tu vuoi che dipenda da te quello che non è in tuo potere, e che quello che è d’altri sia tuo. Parimente se tu vuoi che il tuo servo non commetta errore, tu sei sciocco. Perché questo è un volere che la malizia non sia malizia, ma qualcos’altro. Ma se tu vuoi non desiderar cosa che poi non ti venga ottenuta, questo sí che lo puoi. Per tanto indústriati di ottenere questo che tu puoi.

Colui che ha in sua facoltá di dare o tôrre a una persona quel che essa vuole o non vuole, è padrone di quella cotal persona. Però chiunque ha volontá di esser libero, faccia di non appetire né fuggir mai cosa alcuna di quelle che sono in potestá d’altri; o che altrimenti gli bisognerá in ogni modo essere schiavo.

[XV]

Tieni a mente che tu ti dèi governare in tutta la vita come a un banchetto. Portasi attorno una vivanda. Ti si ferma ella innanzi? stendi la mano, e pigliane costumatamente. Passa oltre? non la ritenere. Ancora non viene? non ti scagliar però in lá coll’appetito: aspetta che ella venga. Il simile in ciò che appartiene ai figliuoli, alla moglie, alla roba, alle dignitá; e tu sarai degno di sedere una volta a mensa cogli dèi. Che se tu non toccherai pur quello che ti sará posto innanzi, e non ne farai conto; allora tu sarai degno non solo di sedere cogli dèi a mensa, ma eziandio di regnare con esso loro. Per sí fatta guisa operando Diogene, Eraclito e gli altri simili, venivano chiamati divini, e tali erano veramente.

[XVI]

Quando tu vedi alcuno che pianga o per morte di alcun suo congiunto o per lontananza di un figliuolo o perdita della