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figliuolo? tu l’hai renduto. Morta la tua donna? tu l’hai renduta. Ti è stato tolto un podere? or non è egli renduto anche questo? Ma colui che me ne ha spogliato è un ribaldo. Che fa egli a te che quegli che ti aveva dato il podere te lo abbia richiesto per via di tale o di tal altra persona? Fino a tanto poi che egli ti lascia tenere o il terreno o che che altro si sia, pigliane quel pensiero che tu prenderesti di una cosa che fosse d’altri, come fanno dell’albergo i viandanti.

[XII]

Se tu vuoi far progresso nella sapienza, lascia da parte questi cotali discorsi: ‘se io non avrò cura della mia roba, non avrò di che vivere; se io non gastigherò il mio schiavo, egli sará pure un furfante’. Meglio è morirsi di fame dopo una vita libera da travagli e timori, che vivere inquieto in grande abbondanza di ogni cosa. Meglio è che il tuo schiavo sia tristo che non tu infelice.

Tu incomincerai dunque dalle cose picciole. Ti si versa un poco di olio? ti è rubato un poco di vino? tu dirai: ‘a tanto si vende la tranquillitá dell’anima, la costanza: niente si può aver gratis’. Quando chiami il tuo fante, pensa ch’egli può accadere che colui non t’oda, e che ancora udendoti, non faccia però nulla di quel che tu vuoi. Ora tu non voler tanto concedere al tuo fante, che egli abbia in sua mano di poterti turbare la quiete dell’animo.

[XIII]

Se tu vuoi far profitto, comporta pazientemente di esser tenuto pazzo e stolido per cagione delle cose di fuori. Anzi, se egli si avrá di quelli che ti stimino uomo da qualche cosa, diffidati di te medesimo. Perché tu dèi sapere che egli non si può in un medesimo tempo conservare l’animo tuo disposto e ordinato secondo natura, e provvedere alle cose esterne; ma colui che ha cura dell’una di queste parti, di necessitá dèe trascurare l’altra.