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mediante il loro accordo in celebrare queste tali persone, le innalzano nella societá molto di sopra a sé medesimi, ai quali esse continuamente accennano di tenersi inferiori.

XCIII.

Molti, anzi quasi tutti gli uomini che da sé medesimi e dai conoscenti si credono stimati nella societá, non hanno altra stima che quella di una particolar compagnia, o di una classe, o di una qualitá di persone, alla quale appartengono e nella quale vivono. L’uomo di lettere, che si crede famoso e rispettato nel mondo, si trova o lasciato da un canto o schernito ogni volta che si abbatte in compagnie di genti frivole, del qual genere sono tre quarti del mondo. Il giovane galante, festeggiato dalle donne e dai pari suoi, resta negletto e confuso nella societá degli uomini d’affari. Il cortigiano, che i suoi compagni e i dipendenti colmeranno di cerimonie, sará mostrato con riso o fuggito dalle persone di bel tempo. Conchiudo che, a parlar proprio, l’uomo non può sperare, e quindi non dée voler conseguire la stima, come si dice, della societá, ma di qualche numero di persone; e dagli altri, contentarsi di essere, quando ignorato affatto, e quando, piú o meno, disprezzato; poiché questa sorte non si può schivare.

XCIV.

Chi non è mai uscito di luoghi piccoli, dove regnano piccole ambizioni ed avarizia volgare, con un odio intenso di ciascuno contro ciascuno, come ha per favola i grandi vizi, cosí le sincere e solide virtú sociali. E nel particolare dell’amicizia, la crede cosa appartenente ai poemi ed alle storie, non alla vita. E s’inganna. Non dico Piladi o Piritoi, ma buoni amici e cordiali, si trovano veramente nel mondo, e non sono rari. I servigi che si possono aspettare e richiedere da tali amici, dico da quelli che dá veramente il mondo, sono o di parole, che spesso riescono utilissime, o anco di fatti qualche