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42 | pensieri - lxix-lxx |
LXIX.
Dalla famosa lettera di Cicerone a Lucceio, dove induce questo a comporre una storia della congiura di Catilina, e da un’altra lettera meno divulgata e non meno curiosa, in cui Vero imperatore prega Frontone suo maestro a scrivere, come fu fatto, la guerra partica amministrata da esso Vero; lettere somigliantissime a quelle che oggi si scrivono ai giornalisti, se non che i moderni domandano articoli di gazzette, e quelli, per essere antichi, domandavano libri; si può argomentare in qualche piccola parte di che fede sia la storia, ancora quando è scritta da uomini contemporanei e di gran credito al loro tempo.
LXX.
Moltissimi di quegli errori che si chiamano fanciullaggini, in cui sogliono cadere i giovani inesperti del mondo, e quelli che, o giovani o vecchi, sono condannati dalla natura ad essere piú che uomini e parere sempre fanciulli, non consistono, a considerarli bene, se non in questo: che i sopraddetti pensano e si governano come se gli uomini fossero meno fanciulli di quel che sono. Certamente quella cosa che prima e forse piú di qualunque altra percuote di maraviglia l’animo de’ giovani bene educati, all’entrare che fanno nel mondo, è la frivolezza delle occupazioni ordinarie, dei passatempi, dei discorsi, delle inclinazioni e degli spiriti delle persone: alla qual frivolezza eglino poi coll’uso a poco a poco si adattano, ma non senza pena e difficoltá, parendo loro da principio di aver a tornare un’altra volta fanciulli. E cosí è veramente; che il giovane di buona indole e buona disciplina, quando incomincia, come si dice, a vivere, dée per forza rifarsi indietro, e rimbambire, per dir cosí, un poco; e si trova molto ingannato dalla credenza che aveva, di dovere allora in tutto diventar uomo, e deporre ogni avanzo di fanciullezza. Perché al contrario gli uomini in generalitá, per quanto procedano negli anni, sempre continuano a vivere in molta parte fanciullescamente.