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pensieri - xlix-l 33

creatura simile a sé, viene in furore e in ismanie, e cerca ogni via di nuocere a quella creatura e di ammazzarla. Gli uccellini domestici, mansueti come sono per natura e per costume, si spingono contro allo specchio stizzosamente, stridendo, colle ali inarcate e col becco aperto, e lo percuotono; e la scimmia, quando può, lo gitta in terra, e lo stritola co’ piedi.

XLIX.

Naturalmente l’animale odia il suo simile, e qualora ciò è richiesto all’interesse proprio, l’offende. Perciò l’odio né le ingiurie degli uomini non si possono fuggire: il disprezzo si può in gran parte. Onde sono il piú delle volte poco a proposito gli ossequi che i giovani e le persone nuove nel mondo prestano a chi viene loro alle mani, non per viltá, né per altro interesse, ma per un desiderio benevolo di non incorrere inimicizie e di guadagnare gli animi. Del qual desiderio non vengono a capo, e in qualche modo nocciono alla loro estimazione; perché nell’ossequiato cresce il concetto di sé medesimo, e quello dell’ossequioso scema. Chi non cerca dagli uomini utilitá o grido, né anche cerchi amore, che non si ottiene; e, se vuole udire il mio consiglio, mantenga la propria dignitá intera, rendendo non piú che il debito a ciascheduno. Alquanto piú odiato e perseguitato sará cosí che altrimenti, ma non molte volte disprezzato.

L.

In un libro che hanno gli ebrei di sentenze e di detti vari, tradotto, come si dice, d’arabico, o piú verisimilmente, secondo alcuni, di fattura pure ebraica, fra molte altre cose di nessun rilievo, si legge che non so qual sapiente, essendogli detto da uno, ‛io ti vo’ bene’, rispose: ‛oh perché no? se non sei né della mia religione, né parente mio, né vicino, né persona che mi mantenga’. L’odio verso i propri simili, è maggiore verso i piú simili. I giovani sono, per mille ragioni,