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Mondo. Se avrai filo di criterio. Io voglio che tu mi dica una cosa da galantuomo per l’ultima volta. A che ti ha giovato, o giova agli uomini la virtú?

Galantuomo. A non cavare un ragno da un buco. A fare che tutti vi mettano i piedi sulla pancia, e vi ridano sul viso e dietro le spalle. A essere infamato, vituperato, ingiuriato, perseguitato, schiaffeggiato, sputacchiato anche dalla feccia piú schifosa, e dalla marmaglia piú codarda che si possa immaginare.

Mondo. Guarda mo’ se torna meglio a lasciarsi scorticare e sbranare per amor di una cieca e sorda che non vede e non sente, e non ti ringrazia e non s’accorge né punto né poco di quello che tu soffri per cagion sua, piuttosto che a servir uno, il quale quando tu sappia dargli nel genio, non può fare che non ti paghi largamente, e non ti soddisfaccia in quasi tutte le cose che potrai desiderare.

Galantuomo. Sappia Vostra Eccellenza che, s’io fossi stato sempre vizioso, non sarei cosi buono a servirla, com’Ella mi proverá. Perché quelli che non hanno mai sperimentato il vivere onesto, non possono avere nella scelleraggine quella forza c’ha un povero disgraziato, il quale avendo fatto sempre bene agli uomini, e seguita la virtú sin dalla nascita, e amatala di tutto cuore, e trovatala sempre inutilissima e sempre dannosissima, alla fine si getta rabbiosamente nel vizio, con animo di vendicarsi degli uomini, della virtú e di sé stesso. E vedendo che se avesse voluto far bene agli uomini, tutti avrebbero congiurato a schiacciarlo, si determina di prevenirgli, e di schiacciargli esso in quanto possa.

Mondo. Qual è il tuo nome, ch’io lo metta in lista insieme cogli altri?

Galantuomo. Aretofilo Metanoeto al servizio di Vostra Eccellenza. {Aretojilo Metanoeto è quanto dire «virtuoso penitente», cioè penitente della virtú, come diciamo peccator penitente colui che si pente del vizio.)