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4 DIALOGO

GALANTUOMO E MONDO

(1822-24)

Di tutto, eziandio che con gravissime ed estreme minacce vietato, si può al mondo non pagar pena alcuna. De’ tradimenti, delle usurpazioni, degl’inganni, delle avarizie, oppressioni, crudeltá, ingiustizie, torti,oltraggi, omicidi, tirannia ecc. ecc. bene spesso non si paga pena; spessissimo ancora se n’ha premio, o certo utilitá. Ma inesorabilmente punita, e a nulla utile, e sempre dannosa, e tale che mai non ischiva il suo castigo, mai non resta senza pena, è la dabbenaggine (coglioneria) e Tesser galantuomo, ch’altrettanto è a dire.

Galantuomo. Come desidera Vostra Eccellenza ch’io la serva?

Mondo. Chi sei tu?

Galantuomo. Sono un povero disgraziato.

Mondo. Incominciamo male. I disgraziati io non li posso vedere.

Galantuomo. Ma Vostra Eccellenza è tanto compassionevole.

Mondo. Tutto l’opposto. Chi diavolo ti ha dato ad intendere che nel mondo si trova la compassione?

Galantuomo. Vostra Eccellenza mi scusi. Me l’avevano detto i poeti e i romanzieri.

Mondo. Giá me lo figurava. Lasciali cantare ai bambocci. Ho un barlume nella memoria, ch’io da ragazzo e da giovanotto avessi compassione; ma è lunghissimo tempo che i mali altrui mi commuovono quanto un predicatore italiano. È gran tempo che la sfortuna non fa piú fortuna, se non quando è falsa ecc. e chi è sventurato lo è per davvero e non per giuoco. Ma tu non sei mica bello.

Galantuomo. Vostra Eccellenza dice bene.

Mondo. Dico bene senza fallo: questo giá s’intende. Ma in somma, disgraziato e non bello. Figlio mio, non penso di poterti giovare a niente.