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3.

DIALOGO DI UN CAVALLO E UN BUE

Cavallo. Hai veduto quell’animale che ieri mi saltò a cavalcioni sulla groppa, e mi tenea forte per li crini, e per quanto m’adoperassi non ci fu caso di staccarmelo da dosso finattanto che non gli parve di lasciarmi andare?

Bue. Che sorta d’animale era?

Cavallo. Mia nonna mi disse ch’era una scimmia. Per me aveva creduto che fosse un uomo, e questo m’avea messo una gran paura.

Bue. Un uomo? che vale a dire un uomo?

Cavallo. Una razza d’animali. Non hai saputo mai quello ch’erano gli uomini?

Bue. Non gli ho mai visti ecc.

Cavallo. Neanch’io gli ho visti.

Bue. E dove si trovano?

Cavallo. Non si trovano piu, ché la razza è perduta; ma i miei nonni ne raccontano gran cose, che le hanno sentite dai loro vecchi.

Bue. Come può stare che una razza d’animali sia perduta? Cavallo, ecc. come sopra ecc. ecc. Era una sorta di bestie da quattro zampe come siamo noi altri, ma stavano ritti e camminavano con due sole come* fanno gli uccelli, e coll’altre due s’aiutavano a strapazzare la gente. (Segna il discorso sopra gli effetti naturali di questa costruzione.)

Cavallo. Credevano che il mondo fosse fatto per loro.

Bue. ecc. come se non fosse fatto per li buoi.

Cavallo. Parli da scherzo? ecc. come sopra. Diavolo, chi non sa ch’è fatto per li cavalli? ecc. S’io non fossi nato cavallo mi dispererei, e non vorrei diventare un bue per tutta la biada di questo mondo.

Bue. E io per tutte le foglie e tutti gli alberi (tutti i prati) della terra non avrei voluto essere un cavallo ecc. La buassaggine