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e Orazio di Pindaro e Livio di Tucidide; e non intendo in nessunissimo modo di mettere Cicerone sopra Demostene, o di paragonare la fierezza colla pompa, né la negligenza magnanima colla diligenza, né la natura coll’arte: ma queste cose ho dovuto dire o piú tosto ripetere (giacché non ho detto niente di nuovo) per chiarire che cosa propriamente sia la pompa del ragionare che s’attribuisce al nostro Frontone, e come si diversifichi dalla gravitá che parimente gli s’attribuisce, e come sia nemica della secchezza che gli è assegnata da Macrobio. E per la «secchezza» del dire non bisogna mica intendere né povertá, né grettezza, né fiacchezza né cose tali, ma quella proprietá degli attici tanto famosa e lodata anticamente, che consisteva massime nella semplicitá e nella sobrietá: la chiamavano i latini non pure siccitatem, ma tenuitatern e subtilitatem , e anche sanitatem e integritatem , dai quali nomi si può comprendere di che natura fosse. Imperocché la piú parte degli oratori attici (io dico degli antichi, e veramente, attici non tanto di patria quanto di stile), e non solamente Lisia, ch’era portato per esempio di questa maniera di ragionare, (ma possiamo dir tutti qual piú qual meno quelli che ci restano, eccettuati Eschine e Demostene che si volsero alla grandezza), soleva nelle orazioni seguitare piú tosto la naturalezza e schiettezza e verecondia che lo splendore, e piú tosto la posatezza che l’impeto, e piú tosto la parsimonia che la copia; talmente che, non curandosi della ricchezza degli ornati, e contenta della semplicitá e del candore dello stile vigoroso veramente ed efficace ma tuttavia positivo e piano, non cercava il rumore non il dibattito, non s’infiammava, non s’innalzava, ma con molta precisione e con molta disinvoltura s’innoltrava speditamente verso la mèta, tenendosi al tutto lontano dalla copia; o se non al tutto, certo non usavala altro che tenue e rimessa e riposata, gittando i concetti con una bella sprezzatura, dalle quali cose non è maraviglia che l’orazione venisse a ricevere quell’austeritá e quell’asciuttezza e quella secchezza sana e incorrotta che tanto si decantava. Ora se egli sia credibile che un oratore fosse a un tempo secco e pomposo, a ciascheduno è chiaro senza ch’io parli; perciò non sarò molesto inutilmente: solo dirò che la «pompa» e la «secchezza» tanto non pareano compatibili agli stessi antichi che, stimandosi propria degli attici la secchezza e di Cicerone essendo propria la pompa, questi a’ suoi giorni era tacciato di non dire atticamente, perocché voleva piú tosto essere