perché sieno preziosi gli scritti del principe dell’eloquenza romana, diremo che un tomettino di frammenti di Cicerone, aggiunti ai molti tomi d’opere che n’avevamo, vaglia tutti questi di un altro oratore celebratissimo, atteso massimamente che Cicerone giá senza quelli lo conoscevamo tanto che meglio per essi non lo conosciamo, e Frontone è stato fin qui sconosciutissimo; né questo pregio della novitá è sempre lodato dal volgo solo, perché un ingegno di piú e un artefice di piú e una nuova maniera di scrivere, se sia veramente buona e celebrata, come questa è, da quelli che giá la conobbero, sono cose notabili e insigni nelle lettere. Anzi io credo che i cultori dell’arti belle brameranno sempre che si scopra piú tosto un’egregia opera di un maestro sconosciuto che un’egregia opera di un maestro giá da tutti conosciuto e studiato; e questo non per amore solamente di un diletto infruttuoso o della maraviglia, ma dell’utile vero dell’arte soprattutto. Ed io per me non dubiterei di comperare, potendo, qualche ode d’Alceo o di Stesicoro o di Simonide con qualche ode di Pindaro, né di dare parecchie elegie d’Ovidio per qualcheduna di Callimaco, e due o tre commedie di Plauto per altrettante di Cecilio o d’Afranio. Del valore poi e della fama di Frontone, in lodare il quale gli antichi arrivarono piú oltre che noi al presente non arriveremmo in lodare chicchessia, non consentendo pure che s’arrendesse a Cicerone, se io volessi parlare, ripeterei quello che il nostro Mai ha detto, né io potrei dir meglio, e che oramai tutti sanno. Resta che io conchiuda che prendendo a scrivervi del Frontone del Mai, come l’anno addietro vi scrissi del Dionigi, non ho scelto materia frivola e da nulla, ma piú veramente grave e delle piú gravi, di maniera che se questa lettera per altre tacce potrá e dovrá, per la vanitá del soggetto non potrá essere ripresa: e la scelta del soggetto non è piccolo né facile assunto di chi scrive. Voi senz’altro dovete sapere che io due anni fa tradussi in volgare il Frontone appena uscito in luce, e questa mia traduzione, aggiunteci parecchie note e una Vita dell’autore, fu veduta ed esaminata dal Mai, il quale stretto da continue e gravi occupazioni, non credé buttato quel tempo che concedeva all’umanitá e alla cortesia: e se bene queste stesse persuasero al Mai di perdonarle molte cose e di scrivermene dissimulando o stenuando o scusando il male e amplificando il bene, io contuttociò fui da tanto che poco appresso la condannai a quello che meritava; e fui giusto giudice del mio parto. Ma se non lo sapete,