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dei costumi degl'italiani 263

ste cagioni gl’italiani di mondo, privi come sono di societá, sentono piú o meno ciascuno, ma tutti generalmente parlando, piú degli stranieri, la vanitá reale delle cose umane e della vita, e ne sono piú pienamente, piú efficacemente e piú praticamente persuasi, benché per ragione la conoscano, in generale, molto meno. Ed ecco che gl’italiani sono dunque, nella pratica, e in parte eziandio nell’intelletto, molto piú filosofi di qualunque filosofo straniero; poiché essi sono tanto piú addomesticati, e per cosí dire convivono e sono immedesimati con quella opinione e cognizione che è la somma di tutta la filosofia, cioè la cognizione della vanitá d’ogni cosa, e secondo questa cognizione, che in essi è piuttosto opinione o sentimento, sono al tutto e praticamente disposti assai piú dell’altre nazioni.

Or da ciò nasce ai costumi il maggior danno che mai si possa pensare. Come la disperazione, cosí né piú né meno il disprezzo e l’intimo sentimento della vanitá della vita, sono i maggiori nemici del bene operare, e autori del male e della immoralitá. Nasce da quelle disposizioni la indifferenza profonda, radicata ed efficacissima verso sé stesso e verso gli altri che è la maggior peste de’ costumi, de’ caratteri, e della morale. Non si può negare; la disposizione piú ragionevole e piú naturale che possa contrarre un uomo disingannato e ben istruito della realtá delle cose e degli uomini, senza però esser disperato né inclinato alle risoluzioni feroci, ma quieto e pacifico nel suo disinganno e nella sua cognizione, come son la piú parte degli uomini ridotti in queste due ultime condizioni; la disposizione, dico, la piú ragionevole è quella di un pieno e continuo cinismo d’animo, di pensiero, di carattere, di costumi, d’opinione, di parole e d’azioni. Conosciuta ben a fondo e continuamente sentendo la vanitá e la miseria della vita e la mala natura degli uomini, non volendo o non sapendo o non avendo coraggio, o anche col coraggio, non avendo forza di disperarsene, e di venire agli estremi contro la necessitá e contro sé stesso, e contro gli altri che sarebbero sempre ugualmente incorreggibili; volendo o dovendo pur vivere e