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236 il martirio de' santi padri

per fare avanti che e’ l’uccidessono. I quali messogli le mani sopra, dimandaronlo che insegnasse loro il luogo dove e’ tenesse celate le sue ricchezze. E quegli, si come era usato di favellare, cosí piacevolmente e per dolce modo rispuose e disse: ’ Credete a me, figliuoli miei, che per veritá io non ho cosa niuna se non se questo ciliccio vecchio e logoro che io porto addosso . E colla mano pigliando della sua tonacella, mostravane a quelli barbari. I quali picchiandogli il collo con certi sassi, e con loro frecce foracchiandogli il viso e le guance, dicevano: ’ Recane qua la tua roba 5 . E poiché lungamente ebbonlo martoriato e fattone beffe, a nulla riuscendo, trassongli a mezzo il capo uno fendente di spada; e quello sacro capo partito in due, rivesciossi di qua e di lá in su gli omeri del santo padre. Il quale, ancora tagliandolo e trafiggendolo i barbari di moltissime piaghe per tutta la persona, cadde morto appiè dell’altro padre ucciso, e fu secondo vincitore e trionfatore del diavolo, e come che grande e mirabile strazio avesse durato, mai non ebbe rammorbidito l’animo per niuno tormento.

CAPITOLO DECIMOTERZO

Ora io miserello, veggendo quello inumano scempio, e sparto il sangue de’ santi, e le loro interiora versate in terra, dalla grande temenza cercava pure un luogo dove io mi nascondessi e salvassimi. Erano quivi in un cantoncello da mano manca della chiesa certi rami di palme ammontati; e io nascosamente dai barbari, in quello che egli erano intorno al santo padre Pagolo, corsi e ripuosimi di sotto questi cotali rami, cosí discorrendo meco medesimo: c O che io camperrò dalle mani de’ barbari, o perché elli pure mi truovino, niuno maggior male che trarmi di vita non mi faranno; e pognamo che io mi rimanga e non mi nasconda, tanto m’addiverrá ’. Dopo questo i barbari, lasciato quelli due che elli avevano morti di fuori, concordevolmente urlando e menando le coltella