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pensieri - xx 17

un piacere simile, qualche grave pena corporale. Fino gli scritti piú belli e di maggior prezzo, recitandoli il proprio autore, diventano di qualitá di uccidere annoiando: al qual proposito notava un filologo mio amico, che se è vero che Ottavia, udendo Virgilio leggere il sesto dell'Eneide, fosse presa da uno svenimento, è credibile che le accadesse ciò non tanto per la memoria, come dicono, del figliuolo Marcello, quanto per la noia del sentir leggere.

Tale è l’uomo. E questo vizio ch’io dico, sì barbaro e sì ridicolo, e contrario al senso di creatura razionale, è veramente un morbo della specie umana: perché non v’è nazione così gentile, né condizione alcuna d’uomini, né secolo, a cui questa peste non sia comune. Italiani, francesi, inglesi, tedeschi; uomini canuti, savissimi nelle altre cose, pieni d’ingegno e di valore; uomini espertissimi della vita sociale, compitissimi di modi, amanti di notare le sciocchezze e di motteggiarle; tutti diventano bambini crudeli nell’occasione di recitare le cose loro. E come è questo vizio de’ tempi nostri, così fu di quelli di Orazio, al quale parve giá insopportabile; e di quelli di Marziale, che dimandato da uno perché non gli leggesse i suoi versi, rispondeva: «Per non udire i tuoi»: e così anche fu della migliore etá della Grecia, quando, come si racconta, Diogene cinico, trovandosi in compagnia d’altri, tutti moribondi dalla noia, ad una di tali lezioni, e vedendo nelle mani dell’autore, al fine del libro, comparire il chiaro della carta, disse: «Fate cuore, amici; veggo terra».

Ma oggi la cosa è venuta a tale, che gli uditori, anche forzati, a fatica possono bastare alle occorrenze degli autori. Onde alcuni miei conoscenti, uomini industriosi, considerato questo punto, e persuasi che il recitare i componimenti propri sia uno de’ bisogni della natura umana, hanno pensato di provvedere a questo, e ad un tempo di volgerlo, come si volgono tutti i bisogni pubblici, ad utilitá particolare. Al quale effetto in breve apriranno una scuola o accademia ovvero ateneo di ascoltazione; dove, a qualunque ora del giorno e della notte, essi, o persone stipendiate da loro, ascolteranno