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14 pensieri - xviii-xix

XVIII.

Io vidi in Firenze uno che strascinando, a modo di bestia da tiro, come colá è stile, un carro colmo di robe, andava con grandissima alterigia gridando e comandando alle persone di dar luogo; e mi parve figura di molti che vanno pieni di orgoglio, insultando agli altri, per ragioni non dissimili da quella che causava l’alterigia in colui, cioè tirare un carro.

XIX.

V’ha alcune poche persone al mondo, condannate a riuscir male cogli uomini in ogni cosa, a cagione che, non per inesperienza né per poca cognizione della vita sociale, ma per una loro natura immutabile, non sanno lasciare una certa semplicitá di modi, privi di quelle apparenze e di non so che mentito ed artifiziato, che tutti gli altri, anche senza punto avvedersene, ed anche gli sciocchi, usano ed hanno sempre nei modi loro, e che è in loro e ad essi medesimi malagevolissimo a distinguere dal naturale. Quelli ch’io dico, essendo visibilmente diversi dagli altri, come riputati inabili alle cose del mondo, sono vilipesi e trattati male anco dagl’inferiori, e poco ascoltati o ubbiditi dai dipendenti: perché tutti si tengono da piú di loro, e li mirano con alterigia. Ognuno che ha a fare con essi tenta d’ingannarli e di danneggiarli a profitto proprio piú che non farebbe con altri, credendo la cosa piú facile, e poterlo fare impunemente: onde da tutte le parti è mancato loro di fede, e usate soverchierie, e conteso il giusto e il dovuto. In qualunque concorrenza sono superati, anche da molto inferiori a loro, non solo d’ingegno o d’altre qualitá intrinseche, ma di quelle che il mondo conosce ed apprezza maggiormente, come bellezza, gioventú, forza, coraggio ed anche ricchezza. Finalmente qualunque sia il loro stato nella societá, non possono ottenere quel grado di considerazione che ottengono gli erbaiuoli e i facchini. Ed è ragione in qualche