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192 | volgarizzamenti |
biblioteche d’Europa. A questi anni passati, in Venezia, due chiarissimi greci, il Mustoxidi e lo Sciná, la pubblicarono in istampa. Né insino a ora è comparsa, che io sappia, in alcun’altra lingua che la nativa. Io l’ho ridotta in italiano, parte dilettato dalla sua bellezza, e parte movendomi il desiderio di suscitar la memoria di quel raro ingegno, e di porgere ai presenti italiani un saggio del suo scrivere.
Qui non dée forse essere fuor di luogo il dire dei volgarizzamenti in universale alcune poche parole in proposito di quanto, col suo consueto splendore di locuzioni e di sentenze, ha detto in disfavore di essi il mio Giordani nella lettera al Monti, pubblicata dianzi nell’Antologia fiorentina. «Siccome il tradurre giova all’uom giovane, al vecchio non giova; cosí nella gioventú delle nazioni essere profittevole prendere scienza e stile da’ popoli che precedettero nel sapere; ma quando un popolo giá adulto ha compiuta la sua educazione, e giá nella sua letteratura trasse quel che dell’altrui poteva convenirgli e bastargli, dovere, a guisa di pittore giá istruito, affaticarsi a dipingere del proprio, non a copiare. Le versioni dal latino o dal greco piú note, che per addietro o ne’ tempi nostri si fecero, quasi tutte niuna lode aver meritato, come inutili.
Perciocché la materia di quegli antichi autori non è piú recondita, ma diffusa nella cognizione di molti. Rimane dunque, per meritar lode, che i traduttori raffigurino quell’eccellenti bellezze di stile che negli originali si ammirano. Il che essersi fatto, e appena in parte, da pochissimi; né da molti potersi, perché domanda felicitá d’ingegno e valore di arte raro. Pregare che di questo suo giudizio, come di troppo superbo, altri non si voglia adirare: poiché in fatti mostrarsi non essere di lui solo ma di molti. Ché ogni dí si veggon sorgere nuovi traduttori di opere giá piú volte tradotte; i quali certamente sperano far meglio di ciò che innanzi a loro fu fatto; e cosí palesano di credere non essersi fatto abbastanza bene». Questi sono i sentimenti del predetto scrittore: nei quali io non so concorrere; e dirò il perché: sapendo che tali ingegni e tali animi non si tengono offesi da chi dissente da essi, né da chi espone le ragioni del dissentire.