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alle grandi e piú rilevate, meglio conferiscono i reggimenti del popolo che quei di pochi. Essendo che questo medesimo stato nostro che tutti riprendono, se noi lo paragoniamo, non piú con quello che io v’ho raccontato innanzi, ma con quello che fu al tempo dei Trenta, quasi che egli ci parrá una cosa divina. Io voglio, quando anche sieno per dire che io mi dilungo alquanto dal mio soggetto, ricordare qui e dimostrare quanta differenza sia dallo stato presente a quello di allora; acciò niuno dica che io vo molto sottilmente cercando e discutendo i falli del popolo, e da altro lato se egli si trova pure che quello abbia fatta alcuna bella o nobile e degna opera, che io la passo in silenzio. Non sará questa parte del mio ragionare né troppo lunga né senza qualche profitto degli ascoltanti. Perduto dunque che avemmo il nostro navilio nelle marine de l’Ellesponto, e venuto il comune in quelle disaventure che ne seguirono, sanno bene i piú vecchi che quelli che erano chiamati popolani o di parte di popolo, si dimostrarono apparecchiati a dover innanzi sostenere ogni peggior cosa, che ubbidire ad altri; riputando grandissima indegnitá che quel popolo che aveva avuto in mano il governo della Grecia fosse veduto sottoposto alla dominazione altrui. E che questi tali furono esclusi dall’accordo. All’incontro quelli che volevano 10 stato di pochi, disfatte con pronto animo le mura, agevolmente si acconciarono alla servitú. E laddove al tempo che 11 reggimento era in potestá del popolo, i nostri avevano in mano le fortezze degli altri, venuta la repubblica sotto i Trenta, la nostra fortezza medesima fu in possessione degl’inimici. E sanno ancora che a quel tempo la cittá fu serva dei lacedemoni ; ma poiché i fuorusciti, tornando, si ardirono a combattere per la libertá, e da Conone fu vinta quella battaglia marittima, essi lacedemoni ci mandarono per loro ambasciatori cedendo la signoria del mare. E anco de’ miei coetanei chi è che non si ricordi come lo stato popolare da un lato, con tempii e con sacrifici, rendette adorna e splendida la cittá per modo che anche al presente la foresteria che vi capita la giudica degna di comandare a tutto il mondo, non che alla Grecia;