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che possa favellare come faceva Socrate?’ si mettono per voler filosofare ancor essi.

O uomo, considera prima sottilmente questo fatto del filosofare, di che sorta egli sia, e quindi fa’ di conoscere la tua natura, a veder se tu sei buono da comportarlo. Vuoi tu pigliare la professione di fare alla lotta ovvero ai cinque giuochi? tu hai da por mente alle tue braccia, alle cosce, ai lombi, perché una complessione è acconcia a una cosa e una a un’altra. Pensi tu di potere filosofando mangiare e bere e fare lo schifo e il dilicato come al presente? Egli ti bisogna vegliare, faticare, separarti da’ tuoi, essere vilipeso da un fanticello, in tutto essere inferiore agli altri, negli onori, ne’ magistrati, ne’ giudizi, in ogni coserella. Considera bene queste difficoltá e questi incomodi, e vedi se egli ti pare espediente di sostenerli per avere in compenso di quelli la libertá, lo stato dell’animo senza perturbazioni, senza passioni; e non voler fare come i fanciulli, oggi filosofo, poi gabelliere, appresso oratore, indi procuratore di Cesare. Queste qualitá non si accordano insieme. Egli si vuole essere una persona sola, o valente o da poco; adoperarsi intorno alla parte principale di noi medesimi, o intorno alle cose di fuori; aver cura dell’intrinseco o dell’estrinseco; che è quanto dire essere filosofo o pure uomo comune.

[XXX]

I doveri e gli offici si misurano generalmente dalle relazioni. Il tale ti è padre? appartientisi aver cura di lui; cedergli in ogni cosa; se ti rampogna, se ti batte, portartelo pazientemente. ‘Ma egli è un cattivo padre’. Forse che la natura ti obbliga al padre buono? non giá, ma semplicemente al padre. Il fratello ti fa egli torto? tu non mancar però seco dell’officio tuo di fratello, e non guardare quello che ti faccia egli, ma quello che abbi a far tu per procedere secondo natura. Perocché giá un altro non ti può fare nocumento se tu non vuoi; ben sarai tu offeso se tu stimerai che altri ti offenda. Or dunque