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94 | moralisti greci |
quei medesimi che a principio si avranno preso giuoco di te, in progresso di tempo cangiati ti ammireranno; laddove se per li motteggi ti perderai d’animo, tu ne guadagnerai le beffe e le risa doppie.
[XXIII]
Se mai per volere acquistare la buona estimazione di alcuno, ti sará intervenuto di versarti, per dir cosí, fuori di te medesimo, sappi che tu avrai rotto l’abito, e sarai uscito dei termini del tuo instituto di vita. Però non cercare altro mai che di essere filosofo, e sii contento e soddisfatto di questo in ogni cosa. Che se oltre ad essere, tu volessi eziandio parere, fa’ che tu paia filosofo a te medesimo, e tanto ti basti.
[XXIV]
Non istare a darti pena e sconforto dicendo fra te medesimo:
io menerò una vita ignobile
e: ‘io non sarò nulla’. Perocché se la ignobilitá è un male, non puoi tu patire alcun male per cagione d’altri, piú di quello che incorrere in alcuna vergogna. Ora dimmi, il pervenire a un ufficio pubblico, o l’esser chiamato a un convito, forse che sta in tuo potere? or come dovrá egli essere ignobile o ignominioso che tu non abbi parte in questo convito o che non pervenghi a questo ufficio? E come di’ che tu non sarai nulla, quando a te non si conviene essere qualche cosa se non solamente in quello che è in tua facoltá, dove tu puoi bene essere d’assaissimo? — ‘Ma gli amici non avranno da me aiuto né benefizio alcuno’. — Di che benefizi e di che aiuti vuoi tu intendere? Non avranno da te oro e, quanto è a te, non saranno fatti cittadini romani. Ora chi ti ha detto che queste sono cose di quelle che dipendono dal nostro arbitrio, e non cose poste in potere altrui? Chi può dare a un altro ciò che non ha egli? — ‘E tu fa’ di acquistare, dirá qualcuno, per poter dare a noi’. — Se io posso acquistare, salva in me la verecondia, la fede,