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a quanta incertezza è sottoposta la veritá e la rettitudine dei giudizi, anche delle persone idonee, circa gli scritti e gl’ingegni altrui, tolta pure di mezzo qualunque malignitá o favore. La quale incertezza è tale che l’uomo discorda grandemente da se medesimo nell’estimazione di opere di valore uguale, ed anche di un’opera stessa, in diverse etá della vita, in diversi casi, e fino in diverse ore di un giorno. —

capitolo quarto.

— A fine poi che tu non presuma che le predette difficoltá, consistenti nell’animo dei lettori non ben disposto, occorrano rade volte e fuori dell’usato; considera che niuna cosa è maggiormente usata, che il venir mancando nell’uomo coll’andar dell’etá, la disposizione naturale a sentire i diletti dell’eloquenza e della poesia, non meno che dell’altre arti imitative, e di ogni bello mondano. Il quale decadimento dell’animo, prescritto dalla stessa natura alla nostra vita, oggi è tanto maggiore che egli si fosse agli altri tempi, e tanto piú presto incomincia ed ha piú rapido progresso, specialmente negli studiosi, quanto che all’esperienza di ciascheduno, si aggiunge a chi maggiore a chi minor parte della scienza nata dall’uso e dalle speculazioni di tanti secoli passati. Per la qual cosa e per le presenti condizioni del viver civile, si dileguano facilmente dall’immaginazione degli uomini le larve della prima etá, e seco le speranze dall’animo, e colle speranze gran parte dei desiderii, delle passioni, del fervore, della vita, delle facoltá. Onde io piuttosto mi maraviglio che uomini di etá matura, dotti massimamente, e dediti a meditare sopra le cose umane, sieno ancora sottoposti alla virtú dell’eloquenza e della poesia, che non che di quando in quando elle si trovino impedite di fare in quelli alcun effetto. Perciocché abbi per certo, che ad essere gagliardamente mosso dal bello e dal grande immaginato, fa mestieri credere che vi abbia nella vita umana alcun che di grande e di bello vero, e che il poetico del mondo non sia