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il parini - capitolo ii | 85 |
studi, mostrano nella elezione quella maggiore grandezza
d’animo che oggi si può mostrare, e non hanno necessitá di
scusarsi colla loro patria. Di maniera che in quanto alla magnanimitá,
lodo sommamente il tuo proposito. Ma perciocché
questa via, come quella che non è secondo la natura degli
uomini, non si può seguire senza pregiudizio del corpo, né
senza moltiplicare in diversi modi l’infelicitá naturale del proprio
animo; però innanzi ad ogni altra cosa, stimo sia conveniente
e dovuto non meno all’ufficio mio, che all’amor grande
che tu meriti e che io ti porto, renderti consapevole sí di varie
difficoltá che si frappongono al conseguimento della gloria alla
quale aspiri, e sí del frutto che ella è per produrti, in caso che
tu la conseguisca; secondo che fino a ora ho potuto conoscere
coll’esperienza o col discorso: acciocché, misurando teco medesimo,
da una parte quanta sia l’importanza e il pregio del
fine, e quanta la speranza dell’ottenerlo; dall’altra, i danni,
le fatiche e i disagi che porta seco il cercarlo (dei quali ti
ragionerò distintamente in altra occasione); tu possa con piena
notizia considerare e risolvere se ti sia piú spediente di seguitarlo
o di volgerti ad altra via. —
capitolo secondo.
— Potrei qui nel principio distendermi lungamente sopra le emulazioni, le invidie, le censure acerbe, le calunnie, le parzialitá, le pratiche e i maneggi occulti e palesi contro la tua riputazione, e gli altri infiniti ostacoli che la malignitá degli uomini ti opporrá nel cammino che hai cominciato. I quali ostacoli, sempre malagevolissimi a superare, spesso insuperabili, fanno che piú di uno scrittore, non solo in vita, ma eziandio dopo la morte, è frodato al tutto dell’onore che se gli dèe. Perché, vissuto senza fama per l’odio o l’invidia altrui, morto si rimane nell’oscuritá per dimenticanza; potendo difficilmente avvenire che la gloria d’alcuno nasca o risorga in tempo che, fuori delle carte per sé immobili e mute,