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dialogo della natura e di un islandese |
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societá, e riducendomi in solitudine: cosa che nell’isola mia
nativa si può recare ad effetto senza difficoltá. Fatto questo,
e vivendo senza quasi verun’immagine di piacere, io non poteva
mantenermi però senza patimento: perché la lunghezza
del verno, l’intensitá del freddo e l’ardore estremo della state,
che sono qualitá di quel luogo, mi travagliavano di continuo;
e il fuoco, presso al quale mi conveniva passare una gran
parte del tempo, m’inaridiva le carni, e straziava gli occhi
col fumo; di modo che, né in casa né a cielo aperto, io mi
poteva salvare da un perpetuo disagio. Né anche potea conservare
quella tranquillitá della vita, alla quale principalmente
erano rivolti i miei pensieri: perché le tempeste spaventevoli
di mare e di terra, i ruggiti e le minacce del monte Ecla, il
sospetto degl’incendi, frequentissimi negli alberghi, come sono
i nostri, fatti di legno, non intermettevano mai di turbarmi.
Tutte le quali incomoditá in una vita sempre conforme a se
medesima, e spogliata di qualunque altro desiderio e speranza,
e quasi di ogni altra cura che d’esser quieta; riescono di non
poco momento, e molto piú gravi che elle non sogliono apparire
quando la maggior parte dell’animo nostro è occupata dai
pensieri della vita civile, e dalle avversitá che provengono
dagli uomini. Per tanto, veduto che piú che io mi ristringeva
e quasi mi contraeva in me stesso, a fine d’impedire che
l’esser mio non desse noia né danno a cosa alcuna del mondo,
meno mi veniva fatto che le altre cose non m’inquietassero
e tribolassero; mi posi a cangiar luoghi e climi, per vedere
se in alcuna parte della terra potessi non offendendo non essere
offeso, e non godendo non patire. E a questa deliberazione
fui mosso anche da un pensiero che mi nacque, che forse tu
non avessi destinato al genere umano se non solo un clima
della terra (come tu hai fatto a ciascuno degli altri generi degli
animali, e di quei delle piante), e certi tali luoghi; fuori dei
quali gli uomini non potessero prosperare né vivere senza
difficoltá e miseria; da dover essere imputate, non a te, ma
solo a essi medesimi, quando eglino avessero disprezzati e
trapassati i termini che fossero prescritti per le tue leggi alle