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68 | operette morali |
durando ancora la nostra vita, esso muore. In fine, io mi maraviglio
come il pensiero di una donna abbia tanta forza da
rinnovarmi, per cosí dire, l’anima, e farmi dimenticare tante
calamitá. E se non fosse che io non ho piú speranza di rivederla,
crederei non avere ancora perduta la facoltá di essere
felice.
Genio. Quale delle due cose stimi che sia piú dolce: vedere la donna amata, o pensarne?
Tasso. Non so. Certo che quando mi era presente, ella mi pareva una donna; lontana, mi pareva e mi pare una dea.
Genio. Coteste dèe sono cosí benigne, che quando alcuno vi si accosta, in un tratto ripiegano la loro divinitá, si spiccano i raggi d’attorno, e se li pongono in tasca, per non abbagliare il mortale che si fa innanzi.
Tasso. Tu dici il vero pur troppo. Ma non ti pare egli cotesto un gran peccato delle donne; che, alla prova, elle ci riescano cosí diverse da quelle che noi le immaginavamo?
Genio. Io non so vedere che colpa s’abbiano in questo, d’esser fatte di carne e sangue, piuttosto che di ambrosia e nettare. Qual cosa del mondo ha pure un’ombra o una millesima parte della perfezione che voi pensate che abbia a essere nelle donne? E anche mi pare strano che, non facendovi maraviglia che gli uomini sieno uomini, cioè a dir creature poco lodevoli e poco amabili, non sappiate poi comprendere come accada che le donne in fatti non sieno angeli.
Tasso. Con tutto questo, io mi muoio dal desiderio di rivederla e di riparlarle.
Genio. Via, questa notte in sogno io te la condurrò davanti; bella come la gioventú; e cortese in modo che tu prenderai cuore di favellarle molto piú franco e spedito che non ti venne fatto mai per l’addietro: anzi all’ultimo le stringerai la mano; ed ella, guardandoti fiso, ti metterá nell’animo una dolcezza tale, che tu ne sarai sopraffatto; e per tutto domani, qualunque volta ti sovverrá di questo sogno, ti sentirai balzare il cuore dalla tenerezza.
Tasso. Gran conforto: un sogno in cambio del vero.