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dialogo della terra e della luna | 49 |
Terra. Veramente, piú che io propongo, nel favellarti, di astenermi da toccare le cose proprie, meno mi vien fatto. Ma da ora innanzi ci avrò piú cura. Dimmi: sei tu che ti pigli spasso a tirarmi l’acqua del mare in alto, e poi lasciarla cadere?
Luna. Può essere. Ma posto che io ti faccia cotesto o qualunque altro effetto, io non mi avveggo di fartelo: come tu similmente, per quello che io penso, non ti accorgi di molti effetti che fai qui; che debbono essere tanto maggiori de’ miei, quanto tu mi vinci di grandezza e di forza.
Terra. Di cotesti effetti veramente io non so altro se non che di tanto in tanto io levo a te la luce del sole, e a me la tua; come ancora, che io ti fo gran lume nelle tue notti, che in parte lo veggo alcune volte15. Ma io mi dimenticava una cosa che importa piú d’ogni altra, lo vorrei sapere se veramente, secondo che scrive l’Ariosto, tutto quello che ciascun uomo va perdendo; come a dire la gioventú, la bellezza, la sanitá, le fatiche e spese che si mettono nei buoni studi per essere onorati dagli altri, nell’indirizzare i fanciulli ai buoni costumi, nel fare o promuovere le instituzioni utili; tutto sale e si raguna costá: di modo che vi si trovano tutte le cose umane; fuori dalla pazzia, che non si parte dagli uomini. In caso che questo sia vero, io fo conto che tu debba essere cosí piena, che non ti avanzi piú luogo; specialmente che, negli ultimi tempi, gli uomini hanno perduto moltissime cose (verbigrazia l’amor patrio, la virtú, la magnanimitá, la rettitudine), non giá solo in parte, e l’uno o l’altro di loro, come per l’addietro, ma tutti e interamente. E certo che, se elle non sono costí, non credo si possano trovare in altro luogo. Però vorrei che noi facessimo insieme una convenzione, per la quale tu mi rendessi di presente, e poi di mano in mano, tutte queste cose; donde io penso che tu medesima abbi caro di essere sgomberata, massime del senno, il quale intendo che occupa costí un grandissimo spazio; ed io ti farei pagare dagli uomini tutti gli anni una buona somma di danari.
Luna. Tu ritorni agli uomini; e, con tutto che la pazzia, come affermi, non si parta da’ tuoi confini, vuoi farmi impazzire