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dialogo della terra e della luna 47


Terra. Cotesto mi riesce strano in modo, che se io non l’udissi da te medesima, io non lo crederei per nessuna cosa del mondo. Fosti tu mai conquistata da niuno de’ tuoi?

Luna. No, che io sappia. E come? e perché?

Terra. Per ambizione, per cupidigia dell’altrui, colle arti politiche, colle armi.

Luna. Io non so che voglia dire armi, ambizione, arti politiche, in somma niente di quel che tu dici.

Terra. Ma certo, se tu non conosci le armi, conosci pure la guerra: perché poco dianzi, un fisico di quaggiú con certi cannocchiali, che sono istrumenti fatti per vedere molto lontano, ha scoperto costi una bella fortezza, co’ suoi bastioni diritti; che è segno che le tue genti usano, se non altro, gli assedi e le battaglie murali.

Luna. Perdona, monna Terra, se io ti rispondo un poco piú liberamente che forse non converrebbe a una tua suddita o fantesca, come io sono. Ma in vero che tu mi riesci peggio che vanerella a pensare che tutte le cose di qualunque parte del mondo sieno conformi alle tue; come se la natura non avesse avuto altra intenzione che di copiarti puntualmente da per tutto. Io dico di essere abitata, e tu da questo conchiudi che gli abitatori miei debbono essere uomini. Ti avverto che non sono; e tu consentendo che sieno altre creature, non dubiti che non abbiano le stesse qualitá e gli stessi casi de’ tuoi popoli; e mi alleghi i cannocchiali di non so che fisico. Ma se cotesti cannocchiali non veggono meglio in altre cose, io crederò che abbiano la buona vista de’ tuoi fanciulli, che scuoprono in me gli occhi, la bocca, il naso che io non so dove me li abbia.

Terra. Dunque non sará né anche vero che le tue province sono fornite di strade larghe e nette; e che tu sei coltivata: cose che dalla parte della Germania, pigliando un cannocchiale, si veggono chiaramente9.

Luna. Se io sono coltivata, io non me ne accorgo, e le aie strade io non le veggo.

Terra. Cara Luna tu hai a sapere che io sono di grossa