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30 | operette morali |
marchesa di Lambert sopra l’amicizia. L’Accademia pensa che
l’invenzione di questa cosí fatta macchina non debba esser
giudicata né impossibile né anche oltre modo difficile, atteso
che, lasciando da parte gli automati del Regiomontano, del
Vaucanson e di altri, e quello che in Londra disegnava figure
e ritratti, e scriveva quanto gli era dettato da chiunque si fosse;
piú d’una macchina si è veduta che giocava agli scacchi per
se medesima. Ora, a giudizio di molti savi, la vita umana è
un giuoco; ed alcuni affermano che ella è cosa ancora piú
lieve, e che tra le altre, la forma del giuoco degli scacchi è
piú secondo ragione, e i casi piú prudentemente ordinati che
non sono quelli di essa vita. La quale oltre a ciò, per detto
di Pindaro, non essendo cosa di piú sostanza che un sogno
di un’ombra, ben debbe esserne capace la veglia di un automato.
Quanto alla favella, pare non si possa volgere in dubbio
che gli uomini abbiano facoltá di comunicarla alle macchine
che essi formano, conoscendosi questa cosa da vari esempi,
e in particolare da ciò che si legge della statua di Mennone
e della testa fabbricata da Alberto magno, la quale era si
loquace, che perciò san Tommaso di Aquino, venutagli in odio,
la ruppe. E se il pappagallo di Nevers6, con tutto che fosse
una bestiolina, sapeva rispondere e favellare a proposito, quanto
maggiormente è da credere che possa fare questi medesimi
effetti una macchina immaginata dalla mente dell’uomo e construtta
dalle sue mani; la quale giá non debbe essere cosí
linguacciuta come il pappagallo di Nevers ed altri simili che
si veggono e odono tutto giorno, né come la testa fatta da
Alberto magno, non le convenendo infastidire l’amico e muoverlo
a fracassarla. L’inventore di questa macchina riporterá
in premio una medaglia d’oro di quattrocento zecchini di peso,
la quale da una banda rappresenterá le immagini di Pilade
e di Oreste, dall’altra il nome del premiato col titolo: primo
verificatore delle favole antiche.
La seconda macchina vuol essere un uomo artificiale a vapore, atto e ordinato a fare opere virtuose e magnanime. L’Accademia reputa che i vapori, poiché altro mezzo non pare