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l’ha da essere, non può far altrettanto della morte? Misuriamo noi il bene o il male delle nostre azioni dalla natura? No, ma dalla ragione. Perché tutte le altre dalla ragione e questa dalla natura?

Non c’è che dire. La presente condizione dell’uomo, obbligandolo a vivere e pensare ed operare secondo ragione e vietandogli di uccidersi, è contraddittoria. O il suicidio non è contro la morale, sebben contro natura, o la nostra vita, essendo contro natura è contro la morale. Questo no, dunque neppur quello.

Accade del suicidio come della medicina. Essa non è naturale. Il tirar sangue, tanti farmachi velenosi, tante operazioni dolorose, ecc. sono ignote ai popoli naturali e sono contro natura. Ma lo stato fisico dell’uomo essendo oggi, e sempre piú divenendo, lontanissimo dal naturale, è conveniente e necessaria un’arte e dei mezzi non naturali per rimediare agl’incomodi di un tale stato. (Vedi Celso, Sull’origine della medicina).

Ovvero: il tirar sangue è contro natura. Ma l’inconveniente che lo esige, essendo un accidente di cui l’ordine naturale non è colpevole né responsabile, il rimedio è conveniente ancorché non naturale, ma è conveniente per accidente.

Or nello stesso modo questo grande accidente che contro l’ordine naturale ha mutato la condizione dell’uomo; quell’accidente di cui la natura non è colpevole, e che non potea esser preveduto né provveduto, ma che contro l’ordine naturale ci fa desiderar la morte, rende conveniente il suicidio, per contrario che sia alla natura.

Non v’è dunque che la religione che possa condannare il suicidio. L’esser contrario alla natura, nel presente stato dell’uomo, non è prova nessuna ch’egli non sia lecito.

Che bello e felice stato dev’esser dunque quello il quale, quanto a sé, rende lecito e domanda la cosa piú contraria all’essenza di qualunque cosa, la piú contraddittoria coll’esistenza e co’ suoi principi, quella che, ridotta ad atto, distruggerebbe tutto ciò che vive e sorvertirebbe l’ordine di tutto ciò che ne dipende o vi ha relazione.

Da tutto ciò si vede che il progresso della ragione tende essenzialmente, non solo a rendere infelice, ma a distruggere la specie umana, i viventi, o esseri capaci di pensiero, e l’ordine naturale. Non v’è che la religione (assai piú favorita e provata dalla natura che dalla ragione), la quale puntelli il misero e crollante edificio della presente vita, ed entri di mezzo per metter