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appendice 313


sempre, non l’ottiene e ne è privo, come lo è sempre. E però l’uomo dev’esser fisicamente certo di non passar, non dico giorno, ma istante senza patire. E tutta la vita è veramente, per propria natura immutabile, un tessuto di patimenti necessari, e ciascun istante che la compone è un patimento.

Di piú l’uomo dev’esser certo di provare in vita sua piú o meno, maggiori o minori, ma certo gravi e non pochi di quei patimenti accidentali, che si chiamano mali, dolori, sventure, o che provengono dai vari desidèri dell’uomo, ecc. E quando anche questi non dovessero comporre in tutto se non la menoma parte della sua vita, com’è certo che ne comporranno la massima, essendo egli d’altra parte certissimo di passar tutta la vita senza un piacere, la quistione ritorna ai suoi primi termini; cioè se, essendo meglio il non patire che il patire, e non potendosi vivere senza patire, sia meglio il vivere o il non vivere. Un solo, anche menomo dolore riconosciuto per inevitabile nella vita, non avendo per controbilancio neppure un solo e menomo piacere, basta a far che l’essere noccia all’esistente e che il non essere sia preferibile all’essere.

Tutto questo essendo applicabile ad ogni genere di viventi, in qualunque loro condizione (ninno de’ quali può essere felice e quindi non essere infelice e non patire); e d’altronde posando sopra principi e fondamenti, quanto profondi altrettanto certissimi e immobili, ed essendo esattissimamente ragionato e dedotto, e strettamente conseguente, serva a far conoscere la distruttiva natura della semplice ragione, della metafisica, della dialettica, in virtú delle quali tutto il mondo vivente dovrebb’esser perito, per volontá e per opera propria, poco dopo il suo nascere.

23 ottobre 1821, Z. 1978 sgg. (III, 473):

Il suicidio è contro natura. Ma viviamo noi secondo natura? Non l’abbiamo al tutto abbandonata per seguir la ragione? Non siamo animali ragionevoli, cioè diversissimi dai naturali? La ragione aon ci mostra ad evidenza l’utilitá di morire? Desidereremmo noi di ucciderci, se non conoscessimo altro movente, altro maestro della vita che la natura, e se fossimo ancora, come giá fummo, nello stato naturale? Perché dunque, dovendo vivere contro natura, non possiamo morire contro natura? perché, se quello è ragionevole, questo non lo è? perché se la ragione ci ha da essere maestra della vita, l’ha da determinare, regolare, predominare; non