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284 | operette morali |
28 febbraio 1821, Z. 703 (241):
Non possiamo né contare tutti gli sventurati, né piangerne un solo degnamente.
20 maggio 1824, Z. 4050 (VII, 11):
Si riprende l’uomo che non sia mai contento del suo stato. Ma invero questo non è che la sua natura sia incontentabile, ma incapace di esser felice. Se fossero veramente felici, il povero, il ricco, il re, il suddito si contenterebbero egualmente del loro stato, e l’uomo sarebbe contento come possa essere (sic) qualunque altra creatura, perch’egli è altrettanto contentabile.
29 giugno 1822, Z. 2526-7 (IV, 291):
Τοὺς δὲ (χώρους) μὴ ἔχοντας ἐπίδοσιν (agros qui incrementum nullum haberent, cioè cosí ben coltivati giá quando si comprano che non si possano far migliori) οὐδὲ ἡδονὰς ἐνόμιζε παρέχειν· ἀλλὰ πᾶν κτῆμα καὶ θρέμμα τὸ ἐπὶ τὸ βέλτιον ἰὸν τοῦτο καὶ εὐφραίνειν μάλιστα ᾤετο. Dice queste cose Iscomaco di suo padre, il quale non voleva che si comprassero fondi ben coltivati, ma trascurati dal possessore, e le dice a Socrate (presso Senofonte Del governo della casa, cap. 20, § 23). Cosí tutto il piacere umano consiste nella speranza e nell’aspettativa del meglio; e posseduto non è piacere; e quello stato che non si può migliorare, benché ottimo e desideratissimo per sé, è sempre infelicissimo, come fu presso a poco quello d’Augusto divenuto padrone di tutto il mondo, e malcontento, com’egli si espresse.
10 agosto 1821, Z. 1477 (III 183), il pensiero qui svolto dall’Ottonieri è giá riferito a p. 259.
21 giugno 1823, Z. 2800-803 (V, 1-2):
È massima molto comune tra’ filosofi, e lo fu specialmente tra’ filosofi antichi, che il sapiente non si debba curare, né considerar come beni o mali, né riporre la sua beatitudine nella presenza o nell’assenza delle cose che dipendono dalla fortuna, quali ch’elle si sieno, o da veruna forza di fuori, ma solo in quelle che dipendono interamente e sempre dipenderanno da lui solo. Onde conchiudono che il sapiente, il quale suppongono dover essere in questa disposizion d’animo, non è per veruna parte suddito della fortuna. Ma questa disposizione d’animo, supponendo ancora