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appendice 279

dalla ragione col nome espresso di morte, né mi spaventava punto. E moltissimi malati non eroi, né coraggiosi, anzi timidissimi, hanno desiderato e desiderano la morte in mezzo ai grandi dolori, e sentono un riposo in quell’idea; il quale sarebbe molto maggiore, se l’idea della morte non fosse accompagnata dai timori del futuro, e da cento altre cose estranee e d’altro genere. Del resto, il riposo ch’io desiderava allora mi piaceva piú che dovesse esser perpetuo, acciò non avessi dovuto ripigliare, svegliandomi, gli stessi travagli de’ quali ero si stanco.

Se la morte e il sonno siano un punto o uno spazio, non si ricerca riguardo a quei momenti nei quali l’uomo conserva ancora una cognizione di sé, che va scemando a poco a poco, giacché questo non si dubita che non sia uno spazio progressivo, ma riguardo al tempo, non sensibile né conoscibile, né ricordabile. Il quale pare che debba essere istantaneo, giacché il passaggio dal conoscere al non conoscere dall’essere al non essere, dalla cosa quantunque menoma al nulla, non ammette gradazione, ma si fa necessariamente per salto e istantaneamente.

28 novembre 1821, Z. 2182 sgg. (IV, 94):

È cosa osservata che non solo le stesse morti provenienti da mali dolorosissimi sogliono esser precedute da una diminuzione di dolore, anzi quasi totale insensibilitá, ma che questi sono segni certi e quasi immancabili (io credo certo immancabili) di morte vicina. Laonde tanto è lungi che la morte sia un punto di straordinaria pena o dolore o incomodo qualunque corporale, che anzi gli stessi travagli corporali che la cagionano, per veementi che siano (e quanto piú sono veementi), cessano affatto all’avvicinarsi di lei; e il momento della morte e quelli che immediatamente la precedono sono assolutamente momenti di riposo e di ristoro, tanto piú pieno e profondo quanto maggiori sono le pene che conducono a quel passo. Ciò che dico del travaglio corporale si deve pur necessariamente estendere allo spirituale; perché, quando l’insensibilitá del paziente è giunta a segno che lo rende insuscettibile di qualunque dolore corporale, per grandi che siano le cagioni che dovrebbero produrlo, il che immancabilmente accade in punto di morte, è manifesto che l’anima, essendo quasi fuori dei sensi, è fuori di se stessa, fuori de’ sensi spirituali che non operano se non per mezzi corporali, e quindi incapace di pene e di travagli di pensiero. Ed infatti il punto della morte è sempre preceduto