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appendice 277


che forse è il piú concludente. Se volessimo considerar l’anima come materiale, giá non si tratterebbe piú di separazione, e la morte non sarebbe altro che un’estinzione della forza vitale, in qualunque cosa consista, certo facilissima a spegnersi. Ma, considerandola come spirituale, è ella forse un membro del corpo che s’abbia a staccare, e perciò con gran dolore? O non piuttosto i legami tra lo spirito e la materia, qualunque sieno, certo non sono materiali; e l’anima non si svelle come un membro, ma parte naturalmente quando non può piú rimanere, nello stesso modo che una fiamma si estingue, e parte da quel corpo dove non trova piú alimento; nel che, per dire un’immagine, noi non vediamo né ci figuriamo neanche astrattamente nessuna violenza e nessun dolore, sia nel combustibile sia nella fiamma. La morte, nell’ipotesi della spiritualitá dell’anima, non è una cosa positiva, ma negativa; non una forza che la stacchi dal corpo, ma un impedimento che le vieta di piú rimanervi; posto il quale impedimento, l’anima parte da sé, perché manca il come abitare nel corpo, non perché una forza violenta ne la sradichi e rapisca. Giacché, se l’anima è spirito, non bisogna considerarla come parte del corpo, ma come ospite di esso corpo e tale che l’entrata e l’uscita sua sia facilissima, leggerissima e dolcissima, non essendovi mica nervi, né membrane né ecc. che ve la tengono attaccata o catene che ve la tirino quando deve entrarvi. E quando v’entra, la cosa è insensibile; e l’uomo certamente non se ne avvede; cosí la sua uscita dev’essere insensibile e tutta diversa dalla nostra maniera di concepire. Come l’uomo non s’accorge né sente il principio della sua esistenza, cosí non sente né s’accorge del fine; né v’è istante determinato per la prima conoscenza e sentimento di quello né di questo.

Il 21 ottobre, Z. 290 (I, 369) aggiunge:

L’uomo non si avvede mai del punto in cui egli si addormenta, per quanto voglia procurarlo. Ora il sonno non è il fine della vita, ma certo un interrompimento, e quasi un’immagine di esso fine; e se l’uomo non può sentire il punto in cui le sue facoltá vitali restano come sospese, molto meno quando sono distrutte. Forse anche si potrá dire che l’addormentarsi non è un punto, ma uno spazio progressivo piú o meno breve, un appoco appoco piú o meno rapido; e lo stesso si dovrá dir della morte. Di piú certo che i momenti i quali precedono immediatamente il sonno