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appendice 259


Infelicissima com’è, stimerei molto piú chi m’insegnasse ad abbreviarla, perché non ho mai saputo che sia degno di lode e giovi al pubblico colui che insegna a prolungare l’infelicitá. Invece di fondare queste cattedre che sono al tutto straniere, anzi contrarie alla natura dei tempi, i principi dovrebbero procurare che la vita dell’uomo fosse piú felice, ed allora saremmo grati a chi c’insegnasse a prolungarla. Se la durata fosse un bene per se stessa, allora sarebbe ragionevole il desiderio di viver lungamente in qualunque caso.

E proprio avanti questo «pensiero»:

Insomma, conviene che il filosofo si ponga bene in mente che la vita per se stessa non importa nulla, ma il passarla bene e felicemente; o, se non altro, anzi soprattutto, il non passarla male e infelicemente. E perciò non riponga l’utilitá in quelle cose che semplicemente aiutano, conservano ecc., la vita considerata quasi fosse un bene per se stessa, ma in quelle che la rendono un bene, cioè felice da vero.

8 febbraio 1821, Z. 626-27 (II, 99):

Lo scopo dei governi, siccome quello dell’uomo, è la felicitá dei governati. Forse che la felicitá e la diuturnitá della vita sono la stessa cosa? Hanno sempre che dire delle turbolenze e pericoli degli antichi stati, e pretendono che costassero all’umanitá molto piú sangue e molte piú vite che non costano i governi ordinati e regolari e monarchici, ancorché guerrieri, ancorché tirannici. Sia pure; che ora non voglio contrastarlo. Orsú, ragguagliamo le partite, dirò cosí, delle vite. Poniamo che negli stati presenti che si chiamano ordinati e quieti, la gente viva, un uomo per l’altro, settantanni l’uno; negli antichi che si chiamano disordinati e turbolenti, vivessero cinquanta soli anni, a distribuir tutta la somma delle vite ugualmente fra ciascheduno; e che quei settant’anni siano tutti pieni di noia e di miseria, in qualsivoglia condizioni individuale, che cosí pur troppo accade oggidí; quei cinquanta pieni di attivitá e varietá, ch’è il solo mezzo di felicitá per l’uomo sociale. Domando io, quale dei due stati è il migliore? quale dei due corrisponde meglio allo scopo, che è la felicitá pubblica e privata, insomma la felicitá possibile degli uomini come uomini? cioè felicitá relativa e reale e adattata e realizzabile in natura, tal qual ella è, non riposta nelle chimeriche e assolute idee di