Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
appendice | 253 |
DIALOGO DI UN FOLLETTO E DI UNO GNOMO
Z. p. 390, 8 decembre 1820 (I, 439):
L’immaginarsi di essere il primo ente della natura e che il mondo sia fatto per noi è una conseguenza naturale dell’amor proprio, necessariamente coesistente con noi e necessariamente illimitato. Onde è naturale che ciascuna specie d’animali s’immagini, se non chiaramente, certo confusamente e fondamentalmente, la stessa cosa. Questo accade nelle specie o generi rispetto agli altri generi o specie. Ma proporzionatamente lo vediamo accadere anche negli individui, riguardo non solo alle altre specie o generi, ma agli altri individui della medesima specie.
Cfr. il Dialogo d’un cavallo e d’un bue nel vol. VII di questa edizione, e Z. p. 822 sgg. 20 marzo 1821 (II, 205 sgg.).
Non solamente ciascuna specie di bruti stima, o esplicitamente e distintamente, o certo implicitamente e confusamente di esser la prima e piú perfetta nella natura e nell’ordine delle cose, e che tutto sia fatto per lei, ma anche, nello stesso modo, ciascun individuo. E cosí accade tra gli uomini, che implicitamente e naturalmente ciascuno si persuade la stessa cosa.
Parimente non v’è popolo sí barbaro che non si creda implicitamente migliore, piú perfetto, superiore a qualunque altro, e non si stimi il modello delle nazioni.
Parimente non v’è stato secolo si guasto e depravato che non si sia creduto nel colmo della civiltá, della perfezione sociale, l’esemplare degli altri secoli, e massimamente superiore per ogni verso a tutti i secoli passati e nell’ultimo punto dello spazio percorso fino allora dallo spirito umano.
Con questa differenza però che, sebbene tutto è relativo in natura, è relativo per altro alle specie; cosí che le idee che una specie ha della perfezione ecc., appresso a poco sono comuni agli individui tutti di essa (massime se sono le idee naturali alla specie) ecc.
Vedi: Della natura degli uomini e delle cose in Studi e frammenti di filosofia.