Pagina:Leopardi, Giacomo – Operette morali, 1928 – BEIC 1857808.djvu/257


appendice 251

STORIA DEL GENERE UMANO

[Non noterò i richiami ad altre opere leopardiane e all’epistolario, frequenti, massime in questa prima «operetta». Quelli segnatamente col Saggio sopra gli errori popolari degli antichi, col Dialogo di un fisico e di un metafisico, col Dialogo di Colombo e Gutierrez ecc., sono stati giá avvertiti da’ commentatori e ricorrono ovvii ai lettori attenti.]

16 ottobre 1821, Z. 1927 (III, 446):

Quello che altrove ho detto sugli effetti della luce o degli oggetti visibili in riguardo all’idea dell’infinito, si deve applicare parimente al suono, al canto e a tutto ciò che riguarda l’udito.... È piacevole qualunque suono, anche vilissimo, che largamente e vastamente si diffonda... massimamente se non si vede l’oggetto da cui parte. A queste considerazioni appartiene il piacere che può dare e dá, quando non sia vinto dalla paura, il fragore del tuono, massime quand’è piú sordo, quando è udito in aperta campagna; lo stormire del vento, massime nei detti casi, quando freme confusamente in una foresta, o tra i vari oggetti di una campagna, o quando è udito da lungi, o dentro una cittá, trovandosi per le strade ecc. Perocché, oltre la vastitá e l’incertezza e confusione del suono, non si vede l’oggetto che lo produce, giacché il tuono ed il vento non si vedono. E piacevole un luogo echeggiante, un appartamento ecc., che ripeta il calpestio de’ piedi, o la voce ecc. Perocché l’eco non si vede ecc. E tanto piú quanto il luogo e l’eco è piú vasto, quanto piú l’eco vien da lontano, quanto piú si diffonde; e molto piú ancora se vi si aggiunge l’oscuritá del luogo che non lasci determinare la vastitá del suono né i punti da cui esso parte ecc. ecc.

[E si veda il resto — che non fa qui al caso — nelle Memorie della mia vita; e negli Studi e frammenti di filosofia le pagine di quella ch’egli chiamava la «sua» Teoria del piacere, intorno ai «bisogni» ecc. Z. 1223 luglio 1820 p. 172 sgg. E nelle Memorie specialmente questo passo.]

11 ottobre 1820, Z. 271-72 (I, 358):

Coloro che dicono per consolare una persona priva di qualunque considerabile vantaggio della vita: — Non ti affliggere, assicurati che sono pure illusioni — parlano scioccamente. Perché