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234 | operette morali |
bellezza. Dimmi in cortesia: che figura intendevi tu di adoperare in questo passo? quella che i miei pari chiamano gradazione, o qualche altra?
Sallustio. Maestro, sí: quella.
Lettore. La gradazione sale o scende com’è l’occorrenza; ma qui conviene che salga, cioè a dire che delle cose che tu nomini, la seconda sia maggiore della prima, la terza della seconda, e cosí l’altra, in modo che l’ultima vorrebbe essere la maggiore di tutte. Non dico io vero?
Sallustio. Oh, verissimo.
Lettore. Ma tu, caro Crispo, sei proprio andato come il gambero, o come vanno le persone prudenti quando veggono l’inimico. La prima cosa che tu nomini è la ricchezza, la quale dice Teognide che si dée cercare al caldo e al freddo, per terra e per acqua, balzando a un bisogno giú dalle rocce, scagliandosi in mare, e non perdonando a pericolo né a fatica che torni a proposito. La seconda è l’onore, del quale una gran parte degli uomini fa capitale, ma non tanto che non lo venda a buon mercato. La terza è la gloria, che piacerebbe a molti, se la potessero acquistare senza fatica e senza scomodo; ma, non potendo, ciascuno si contenta di lasciarla stare. La quarta è la libertá, della quale non si ha da far conto. L’ultima è la patria; e questa non si troverebbe piú al mondo se non fosse nel vocabolario. Insomma, la cosa che tu metti per ultima non solo non è maggiore di tutte le altre, ma giá da un gran pezzo non è piú cosa: l’altre importano ciascheduna piú della susseguente; e la prima è tale che gli uomini, per ottenerla, son pronti a dare in occasione la patria la libertá la gloria l’onore, che sono quegli altri tuoi beni; e darli tutti in un fascio, e farci la giunta se occorre. Oh vedi se questo era nome da rimpiattarlo in un cantuccio della clausola, come ti fossi vergognato di scriverlo. Veramente, se Catilina adoperò questa figura al rovescio come tu la reciti, io non mi maraviglio che ei non movesse gli uditori, e ben gli stette che si portarono male e perdettero la giornata.
Sallustio. Forse io potrei rispondere che dal mio tempo a codesto ci corre qualche divario d’opinioni e di costumi circa quel che tu dici. Ma in ogni modo, il tuo discorso mi capacita, e però scancella questo passo e tornalo a scrivete cosí come io ti detto.
Lettore. Di’ pure.