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dialogo di plotino e di profirio | 201 |
dendo essa ancora e movendosi necessariamente, come l’antica,
verso ciò che apparisce essere il nostro meglio, fa che noi
molte volte desideriamo e cerchiamo quello che veramente è
il maggior bene dell’uomo, cioè la morte. E non è maraviglia;
perciocché questa seconda natura è governata e diretta
nella maggior parte dalla ragione. La quale afferma per certissimo,
che la morte, non che sia veramente male, come détta
la impressione primitiva; anzi è il solo rimedio valevole ai
nostri mali, la cosa piú desiderabile agli uomini, e la migliore.
Adunque domando io: misurano gli uomini inciviliti le altre
azioni loro dalla natura primitiva? Quando, e quale azione
mai? Non dalla natura primitiva, ma da quest’altra nostra, o
pur vogliamo dire dalla ragione. Perché questo solo atto del
tôrsi la vita si dovrá misurare non dalla natura nuova o dalla
ragione, ma dalla natura primitiva? Perché dovrá la natura
primitiva, la quale non dá piú legge alla vita nostra, dar legge
alla morte? Perché non dèe la ragione governar la morte, poiché
regge la vita? E noi veggiamo che in fatto, sì la ragione,
e sì le infelicitá del nostro stato presente, non solo estinguono,
massime negli sfortunati e afflitti, quello abborrimento ingenito
della morte che tu dicevi; ma lo cangiano in desiderio e
amore, come io ho detto innanzi. Nato il qual desiderio e
amore che, secondo natura, non sarebbe potuto nascere; e
stando la infelicitá generale dall’alterazione nostra, e non voluta
dalla natura; saria manifesta repugnanza e contraddizione
che ancora avesse luogo il divieto naturale di uccidersi. Questo
pare a me che basti, quanto a sapere se l’uccider se stesso
sia lecito. Resta se sia utile.
Plotino. Di cotesto non accade che tu mi parli, Porfirio mio, che quando cotesta azione sia lecita (perché una che non sia giusta né retta non concedo che possa esser di utilitá), io non ho dubbio nessuno che non sia utilissima. Perché la quistione in somma si riduce a questo; quale delle due cose sia la migliore, il non patire, o il patire. So ben io che il godere congiunto al patire verisimilmente sarebbe eletto da quasi tutti gli uomini, piuttosto che il non patire e anco non