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194 | operette morali |
che l’antichissimo Omero le attribuiva; dico il principato della infelicitá. Tuttavia la natura ci destinò per medicina di tutti i mali la morte: la quale da coloro che non molto usassero il discorso dell’intelletto, saria poco temuta, dagli altri desiderata. E sarebbe un conforto dolcissimo nella vita nostra, piena di tanti dolori, l’aspettazione e il pensiero del nostro fine. Tu con questo dubbio terribile suscitato da te nelle menti degli uomini, hai tolta da questo pensiero ogni dolcezza, e fattolo il piú amaro di tutti gli altri. Tu sei cagione che si veggano gl’infelicissimi mortali temere piú il porto che la tempesta, e rifuggire coll’animo da quel solo rimedio e riposo loro, alle angosce presenti e agli spasimi della vita. Tu sei stato agli uomini piú crudele che il fato o la necessitá o la natura. E non si potendo questo dubbio in alcun modo sciôrre, né le menti nostre esserne liberate mai, tu hai recati per sempre i tuoi simili a questa condizione, che essi avranno la morte piena d’affanno, e piú misera che la vita. Perciocché per opera tua, laddove tutti gli altri animali muoiono senza timore alcuno, la quiete e la sicurtá dell’animo sono escluse in perpetuo dall’ultima ora dell’uomo. Questo mancava, o Platone, a tanta infelicitá della specie umana.
Lascio che quello effetto che ti avevi proposto, di ritenere gli uomini dalle violenze e dalle ingiustizie, non ti è venuto fatto. Perocché quei dubbi e quelle credenze spaventano tutti gli uomini in sulle ore estreme, quando essi non sono atti a nuocere; nel corso della vita, spaventano frequentemente i buoni, i quali hanno volontá non di nuocere, ma di giovare; spaventano le persone timide, e deboli di corpo, le quali alle violenze e alle iniquitá non hanno né la natura inclinata, né sufficiente il cuore e la mano. Ma gli arditi e i gagliardi, e quelli che poco sentono la potenza della immaginativa; in fine coloro ai quali in generalitá si richiederebbe altro freno che della sola legge; non spaventano esse né tengono dal male operare: come noi veggiamo per gli esempi quotidianamente, e come la esperienza di tutti i secoli, da’ tuoi dí per insino a oggi, fa manifesto. Le buone leggi, e piú la educazione buona,