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il copernico 183


però che ella avesse il torto: basta, noi vedremo quello che succederá. Dunque tu farai una cosa: tu te n’andrai lá in Terra; o pure vi manderai l’una delle tue compagne, quella che tu vorrai, e se ella troverá qualcuno di quei filosofi che stia fuori di casa al fresco, speculando il cielo e le stelle, come ragionevolmente ne dovrá trovare, per la novitá di questa notte cosí lunga; ella senza piú, levatolo su di peso, se lo gitterá in sul dosso; e cosí torni, e me lo rechi insin qua: che io vedrò di disporlo a fare quello che occorre. Hai tu inteso bene?

Ora prima. Eccellenza sí. Sará servita.

SCENA SECONDA

Copernico in sul terrazzo di casa sua, guardando in cielo a levante, per mezzo d’un cannoncello di carta; perchè non erano ancora inventati i cannocchiali.

Gran cosa è questa. O che tutti gli oriuoli fallano, o il sole dovrebbe esser levato giá è piú di un’ora: e qui non si vede né pure un barlume in oriente; con tutto che il cielo sia chiaro e terso come uno specchio. Tutte le stelle risplendono come fosse la mezza notte. Vattene ora all’Almagesto o al Sacrobosco, e di’ che ti assegnino la cagione di questo caso, lo ho udito dire piú volte della notte che Giove passò colla moglie d’Anfitrione: e cosí mi ricordo aver letto poco fa in un libro moderno di uno spagnuolo, che i peruviani raccontano che una volta, in antico, fu nel paese loro una notte lunghissima, anzi sterminata; e che alla fine il sole uscí fuori da un certo lago, che chiamano di Titicaca. Ma insino a qui ho pensato che queste tali, non fossero se non ciance; e io l’ho tenuto per fermo, come fanno tutti gli uomini ragionevoli. Ora che io m’avveggo che la ragione e la scienza non rilevano, a dir proprio, un’acca, mi risolvo a credere che queste e simili cose possano esser vere verissime; anzi io sono per andare a tutti i laghi e a tutt’i pantani ch’io potrò; e